Psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI), una disciplina che si occupa delle relazioni tra psiche e i sistemi di regolazione fisiologica che costituiscono l’organismo umano: quello endocrino, quello nervoso e quello, appunto, immunitario. La medicina convenzionale occidentale ha iniziato ad indagare tale relazione solo a partire dagli anni ’30, in seguito agli studi del medico austriaco Hans Selye sullo stress. Ed è proprio lo stress ad avere un ruolo importante nello studio delle risposte psico-fisiche connesse all’intreccio dei tre apparati. Quando questo sopraggiunge, l’organismo viene invaso da determinati ormoni, tra i quali i più importanti sono l’adrenalina e il cortisolo. Se lo stress dura poco e si limita ad una fase acuta, l’effetto è inizialmente positivo: il lieve rialzo ormonale potenzia l’azione immunitaria, attiva delle reazioni fisiche di adattamento, migliora le capacità di concentrazione e di attenzione. Quando, invece, la mente del soggetto è coinvolta emotivamente in situazioni di sofferenza, dolore, rabbia, risentimento, sconforto o angoscia per periodi di tempo prolungati, le sostanze rilasciate, le stesse che nella fase di stress iniziale producono effetti positivi, diventano nocive come le tossine che inquinano il corpo. In questo stadio, che caratterizza lo stress cronico, si attivano dei meccanismi dannosi: tra questi, quello più importante è la diminuzione o la soppressione della risposta immunitaria. In conseguenza a stati di attivazione emozionale, si sono scientificamente riscontrate consistenti variazioni dei parametri immunitari: depressione e ritardo nella sintesi di anticorpi, fino ad arrivare a fenomeni patologici, come lo sviluppo di autoanticorpi, evento maggiormente associato alle malattie autoimmuni (ad esempio la tiroidite di Hashimoto o il diabete mellito di tipo I).